Gli Inverter (DC-AC, fotovoltaico, per camper) - Guida Tecnica

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Cosa è un inverter e come funziona

Gli invertitori o inverter permettono la trasformazione di tensione continua in tensione alternata della frequenza richiesta.

È chiaro che tale risultato si può ottenere per via elettromeccanica, disponendo di un gruppo motore c.c.-alternatore: basta alimentare con la rete a tensione continua disponibile il motore c.c. coassiale con l’alternatore e regolare le eccitazioni delle due macchine per ottenere tensione alternata. Ma non è di questo che intendiamo parlare; nel presente articolo tratteremo sommariamente del principio di come funziona un inverter statico a tiristori che presenta numerosi vantaggi rispetto ai convertitori elettromeccanici:

 - maggior rendimento (non avendo, in particolare, parti in rotazione con le conseguenti perdite meccaniche);

- minor ingombro;

- minor onere di manutenzione.

L’unico svantaggio per certe applicazioni consiste nella forma d’onda non sinusoidale.

Fra i vari schemi vi proponiamo quello (semplificato) dell’invertitore parallelo di figura 20.41a. Inviando alternativamente gli impulsi di innesco ai due tiristori T1 e T2 nel primario del trasformatore viene a circolare una corrente che periodicamente cambia di senso, quindi verrà indotta sul secondario una forza elettro motrice e2 alternata (o alternativa che dir si voglia) la cui frequenza dipende dai tempi di accensione e spegnimento degli SCR (Silicon Controlled Rectifier o Tiristore: è un componente elettronico, dal punto di vista elettrico, pressoché equivalente al diodo, con la sola differenza che la conduzione diretta avviene solamente in seguito all'applicazione di un opportuno segnale di innesco su un terzo terminale denominato gate).

Come appare evidente dalla figura 20.41a i tiristori risultano sempre polarizzati in senso diretto, perciò, una volta innescati, non si spegnerebbero più. Il condensatore C serve appunto per lo spegnimento. Con T1 acceso e T2 spento, la corrente i circola sul primario del trasformatore nel senso M —> K. Ritenendo trascurabili le cadute: Vmk ≅ Vcc e tale tensione è anche uguale e contraria, alla f.e.m. E, indotta nella metà MK del primario dal flusso principale del trasformatore. Tenendo conto che una pari E1 viene indotta anche nell’altra metà MH del primario, si avrà:

Vhm= E1≅Vcc

Vhk = Vhm + Vhm ≅ 2 Vcc

Ossia, ai capi di C esiste una differenza di potenziale praticamente uguale a 2Vcc con H positivo rispetto a K. Quando viene inviato l'impulso di innesco a T2 che quindi passa a condurre (con VHS ≅ 0) l’intera tensione VHK ≅ 2Vcc si ritrova come tensione inversa ai capi di T1, che quindi si spegne.

In realtà le cose sono un po’ più complicate: la scarica del condensatore non deve essere troppo rapida; la tensione inversa deve permanere per un tempo superiore al Toff (tempo di spegnimento intrinseco o di turn-off), in caso contrario T1 si riaccende. Lo scopo dell’induttanza L è  proprio quello di aumentare il periodo di oscillazione durante la scarica del condensatore attraverso il circuito di alimentazione (T = 2π√LC come detto al paragrafo precedente, se si trascura l’influenza di altri elementi circuitali).

Forse è sufficiente ciò che vi abbiamo appena detto su tale invertitore. Comunque accenniamo brevemente a un’altra difficoltà.

Da uno studio più accurato del circuito si giunge ad alcune conclusioni che potete intuire anche se vi abboniamo la dimostrazione teorica. Pensate di trasportare la impedenza del carico dal secondario al primario: oltre a esserci un’altra via di scarica del condensatore attraverso il primario, se il carico è di natura induttiva il tempo di ricarica del condensatore in senso contrario aumenta e ci si può trovare, all’atto dell’innesco dei tiristori, con tensione inversa fornita dal condensatore insufficiente per lo spegnimento.

È facile rendersi conto che un prolungato periodo di accensione di un SCR (cosa che potrebbe anche accadere per la mancata accensione dell’altro SCR ) costituisce un cortocircuito dell’alimentazione con conseguente distruzione dell’apparecchiatura. Al di là della necessità di protezioni (fusibili extrarapidi, inserzione di diodi di recupero che trascureremo) si inseriscono due diodi D1 e D2 come in figura 20.41 b (diodi di blocco) in modo da disaccoppiare impedenza di carico (riportata al primario) e condensatore. Lo spegnimento alternato dei due tiristori risulta così più sicura e indipendente dalla natura del carico.

 

Collegamento inverter - raddrizzatore

Intendiamo accennare brevemente a un particolare convertitore c.c.-c.c. costituito da un inverter collegato a un raddrizzatore, ad esempio, a ponte come in figura.

Il funzionamento dell’apparecchiatura è di immediata comprensione. L’inverter, alimentato con la tensione continua disponbibile, fornisce al secondario del trasformatore una tensione alternata che, raddrizzata, dal ponte, permette di alimentare con tensione continua regolabile il carico.

In genere l’inverter viene fatto funzionare a frequenza abbastanza elevata (centinaia di Hz per potenze elevate) in modo da ridurre ingombro e peso del trasformatore, benché aumentino le perdite per commutazione sugli SCR.

Fino a qualche kW, si usano nuclei in ferrite per ridurre le pe rdite nel ferrc che risulterebbero eccessive per lamierini normali.

Gli avvolgimenti del trasformatore vengono realizzati in modo da elimine alcune armoniche, avvicinando la forma d’onda alla sinusoidale.
Prendete per vero che la funzione del diodo D in parallelo a L consiste nel cortocircuitare le correnti inverse generate nella commutazione permettendo di ottenere una forma d’onda della tensione secondaria del trasformatore piu prossima alla rettangolare: si ottiene così una tensione più livellata a valle del raddrizzatore.

 

Conclusioni sugli inverter

L’intero capitolo si può considerare come un «raccordo» con i corsi di elettronica e sistemi. Si è parlato di:

- conversione da tensione (o corrente) alternata a tensione (o corrente) continua: raddrizzatori;

- conversione da tensione (o corrente) continua a tensione (o corrente) alternata di diverse caratteristiche: convertitori c.a.-c.a.;

- conversione da tensione (o corrente) continua a tensione (o corrente) continua di diverse caratteristiche: convertitori c.c.-c.c. o choppers;

- conversione da tensione (o corrente) continua a tensione (o corrente) alternata: invertitori o inverters.

Questi ultimi sono praticamente i dispositivi generalmente utilizzati come inverter negli impianti fotovoltaci o eolici in quanto la tensione (o corrente) generata da queste fonti rinnovabili è in continua mentre le utenze di casa, e quindi la linea elettrica stessa, funzionano in alternata, si rende quindi necessario eseguire tale operazione attraverso appunto un inverter.

Relativamente ai vari dispositivi, hanno tutti la caratteristica di essere statici (senza parti in movimento) quindi, in genere, hanno:

- alti rendimenti;
- basso ingombro;
- basso costo di manutenzione.

Sono basati sulle proprietà monodirezionali del diodo e dell’SCR, Quest’ultimo permette di controllare la conduzione di corrente mediante gli opportuni Impulsi di innesco inviati al gate.

In tutto il capitolo abbiamo parlato di tensione e corrente continua alternata in «senso lato».

A rigore avremmo dovuto dire:

- corrente o tensione monodirezionale anziché continua;

- corrente o tensione alternativa (ossia periodica a valor anziché alternata. ( A medio nullo)

Ci siamo adattati al linguaggio comunemente in uso su questi argomenti.
In effetti le correnti continue ottenute coi raddrizzatori visti hanno tutte una componente variabile. In altre parole: sono scomponibili, mediante la serie di
Fourier, nella somma di una componente continua vera e propria (costante nel tempo) e di varie armoniche. Il fattore di ondulazione r (ripple) dà una indicazione della deformazione della grandezza monodirezionale in esame: a valori di r maggiori, corrispondono maggiori scostamenti dalla grandezza continua vera e propria (costante nel tempo). Quando r è eccessivo esistono opportuni filtri (interposti fra raddrizzatore e carico) che livellano la corrente sul carico.
Ancora peggiore, se così si può dire, è la forma d’onda delle tensioni ottenute con gli inverter.

Comunque è stato il notevole perfezionamento tecnico e la elevata affidabilità delle apparecchiature trattate in questo capitolo unite alla riduzione del loro costo che ha permesso il loro impiego negli azionamenti elettrici e in generale nei sistemi di controllo. Anzi come vedremo al prossimo capitolo, alcune regolazioni di velocità dei motori sono diventate economicamente realizzabili grazie proprio ad alcuni dei dispositivi di cui sopra.

 

 

 

 

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